STRAGE FASCISTA A BRESCIA: 40 ANNI DOPO

Padova -

 

 

Il 28 maggio del 1974, 40 anni fa alle ore 10.02, a Brescia in Piazza della Loggia si stava svolgendo una manifestazione antifascista quando da un cestino della spazzatura, esplode una bomba.

8 morti e 103 feriti.

 

 

 

 

 

La strage fascista di Brescia  una memoria  che si è andata via via   perdendo, come testimoniano i drammatici dati del recente sondaggio della “Casa della Memoria” in cui il 37% dei giovani intervistati ritiene che dietro la strage vi fosse la mafia, il 28% la considera opera del terrorismo rosso e solo il 26% è a conoscenza della matrice fascista dell’attentato.
La causa di questo processo di smarrimento della memoria  nelle nuove generazioni è da ricondursi alla complessità giudiziaria della vicenda?    Troppo semplicistico.

La ragione che le nuove generazioni sentono lontano  il 28 Maggio 1974, va ricercata nelle compromesse azioni che ogni anno sono state messe in campo e principalmente nella volontà di  far rappresentare alla politica, con i diversi partecipanti che di anno in anno si sono susseguiti sul palco il 28 maggio, le ragioni  della strage fascista.

Quanto credibile è uno Stato che insabbia la verità, che nega quotidianamente i valori e i diritti  che  Giulietta, Livia, Clementina, Alberto, Euplo, Luigi, Bartolomeo e Vittorio il 28 maggio 1974  rivendicavano?

Ma ci sono anche  le responsabilità di quella sinistra e dei sindacati che in nome della pace sociale, del riformismo hanno annegato la dignità dei cittadini, studenti e lavoratori che il 28 maggio 1974 erano in Piazza della Loggia.

Ario Pizzarelli, uno dei tanti studenti che il 28 maggio 1974 era in Piazza ha dipinto/scritto  la Piazza Loggia di quel giorno.

 “Pioveva”. Olio su tela cm 80 x 80.

 

 

 

 

Pioveva. Chi era in Piazza ricorda ancora la pioggia cattiva e insistente, ma non tanto fitta da cancellare le tracce dell’accaduto. Per quello furono necessari i getti degli idranti che con il sangue asportarono ogni indizio utile alle indagini. Quando fu chiara la mancanza delle condizioni minime per una risposta di massa immediata e adeguata, di antifascismo militante, tornai a casa per cambiarmi: ero fradicio.
Quella pioggia battente riappare nel mio quadro, l’immagine di un occhio resa come una vecchia foto non bene a fuoco salvo la pupilla dilatata che riflette perfettamente il pilastro sbrecciato, i corpi appena coperti, i carabinieri.
La memoria del 28 maggio è (dovrebbe essere) una condivisione collettiva, ma un quadro è necessariamente anche un fatto personale. Le mie gocce di pioggia avrebbero potuto essere 20 (gli anni di allora) o 40 (quelli passati per tutti, colpevoli impuniti compresi).
Invito gli osservatori a contarle: ne ho dipinte 23. Chi mi conosce può intuirne il motivo, chi non mi conosce me lo chieda.