Fincantieri allo sbaraglio ... Quale alternativa possibile!?
La Fincantieri - Cantieri Navali Italiani S.p.A. è uno dei più importanti complessi cantieristici navali d'Europa e del mondo. Azienda pubblica italiana già di proprietà dell'IRI, è oggi controllata da Fintecna, finanziaria del Ministero dell'Economia.
Ma in questi giorni, dopo la presentazione del piano industriale di Fincantieri 2010-2014, si parla della perdita di migliaia di posti di lavoro in tutto il paese (sono previsti 2450 esuberi di cui 1770 nella divisione mercantile e nelle riparazioni navali, 550 nel militare, nei megayacth e nei sistemi componenti, 120 nelle corporate, oltre migliaia di lavoratori dell’indotto), ovunque gli operai hanno e stanno occupando sedi ed uffici negli stabilimenti di tutta Italia.
Le forze politiche si muovono l’un contro l’altra accusandosi di pensare di sacrificare posti di lavoro in una parte o l’altra dell’Italia a seconda del proprio bacino elettorale. Descrivono scenari dove si fanno intendere disegni per cancellare i cantieri in Liguria per salvare quelli del Nord Est oppure chiudere il Cantiere di Castellamare di Stabia o il cantiere di Palermo e così via,
Si punta a mettere i lavoratori di un cantiere o di una regione contro quelli di un altro cantiere o di un’altra regione. In realtà la vicenda di Fincantieri rappresenta non solo l’ultimo atto di una situazione economica sempre più difficile per il nostro paese ma, sopra tutto, la grave assenza di un programma economico e industriale che faccia l’interesse dell’azienda Italia, dei lavoratori. Si fanno appelli campanilisti che:
hanno come risultato il mettere gli uni contro gli altri che i realtà nascondono scelte geopolitiche che tendono a spostare il lavoro e la produzione su altri territori;
implicitamente, sostengono il piano di Fincantieri che sposta l’asse strategico verso gli Stati Uniti (900 assunzioni con la controllata Fincantieri Marine Group) e ridimensiona la presenza in Italia… Fincantieri (leggi Governo) come Marchionne?
Il ministro del Lavoro Maurizio Sacconi annuncia che il governo “prossimamente convocherà le parti per rimettere nei corretti binari il confronto sul futuro della Fincantieri”. Traducendo il linguaggio politichese del ministro del Lavoro questo significa “ci sono problemi …. Bisogna efficientare l’azienda” significa chiudere cantieri. Usando la crisi globale la Fincantieri, che è il secondo gruppo italiano dopo la Fiat, punta a spostare il suo peso gravitazionale fuori dall’Italia con l’obiettivo di intercettare nuovi mercati, dagli Stati Uniti al Brasile.
La situazione esplodendo oggi, sotto la gestione dell’attuale Governo e del suo Ministero dell’economia, ma è iniziata ieri sotto l’ultimo Governo Prodi che, una volta sfumata l’ipotesi della quotazione in borsa ipotizzata dal precedente piano industriale dell’azienda, non ha impostato alcun piano industriale che individuasse nuovi punti di forza, innovasse il know-how, in funzione di un disegno più complessivo che puntasse sul trasporto marittimo, ha consentito che si determinassero i presupposti perchè la Fincantieri decidesse lo smantellamento della produzione navalmeccanica in Italia. (Comunque la quotazione in borsa sarebbe stato un errore perché, anche se nell’immediato questa scelta forse avrebbe portato un po’ di denaro fresco, in quanto poi sarebbe il mercato finanziario a dettare e guidare le politiche industriali.)
Quindi, queste scelte governative, passate ed attuali, hanno aperto e perseguono la strada della privatizzazione di un’azienda statale, e hanno permesso investimenti, con l’incremento, soprattutto nell’ultimo periodo, della produzione di navi crociera (infatti l’azienda detiene il 50% del fatturato mondiale in questo settore) … nel frattempo l’occupazione, di anno in anno, è sempre più in numero inferiore rispetto all’anno precedente, grazie al ricorso agli appalti esterni ed alla delocalizzazione delle produzioni nei cantieri LOW COST.
L’essersi attardati a prefigurare scelte puramente finanziarie, poi tra l’altro non concretizzatesi , che puntavano essenzialmente a gratificare aspettative di guadagno ha penalizzato e penalizzato la necessità di investimenti di qualità, innovazione tecnologica e di ricerca, unica possibile prospettiva strategica dell’economia e industria italiana, di fronte ad un orizzonte in cui si profila un collasso energetico. Opec a parte, non vi è nessuno, ad oggi, che metta in dubbio l’ineluttabilità del calo di disponibilità e l’esaurimento dell’oro nero, il petrolio.
Per capire quanto grave per il paese siano queste scelte di dismissione e delocalizzazioni della Fincantieri basta concentrarsi su alcune cifre. Il 95% della produzione industriale è dipendente in qualche modo del il petrolio, fattore primario della globalizzazione e dello stile di vita delle società avanzate compresa la nostra. Al giorno d’oggi il 90% delle merci è trasportato via mare su immensi carghi, navi condotte da motori diesel che consumano ingenti quantità di carburanti fossili.
Puntare sul rilancio e innovazione della missione industriale della Fincantieri, invece di chiudere cantieri in Italia, giocare in borsa e delocalizzare all’estero, significa non solo difendere e garantire il lavoro ma garantire un futuro all’economia italiana puntando a specializzare la cantieristica italiana in produzione di navi, cargo che utilizzino e sfruttino il vento come coadiuvante alla loro mobilitazione (riducendo i costi del carburante necessario allo spostamento delle navi), pannelli solari per fornire elettricità per gli impianti interni delle navi. Puntare alla specializzazione dell’impiego di fonti rinnovabili per la mobilità sostenibile significa dare un futuro alla cantieristica italiana, dare un futuro occupazionale a migliaia di operai, rilanciare l’industria italiana in un futuro, ormai prossimo, dove “si legge in un report fresco di pubblicazione delle forze armate americane (articolo di lunedì 26 luglio del Sole 24 Ore) e tedesche” già dal 2012 il surplus di produzione di petrolio potrebbe scomparire e già dal 2015 potrebbe mancare fino a 10 milioni di barili al giorno.
Pretendiamo che il Governo, proprietario della Fintecna tramite la finanziaria del Ministero dell’Economia, intervenga, dando garanzie e mettendo a disposizione risorse in tal senso…. Alternativamente, molto probabilmente se non sicuramente, assisteremo ad un’ulteriore riduzione della prospettiva occupazionali, di crescita con un rallentamento economico che sarà foriero di esasperazioni, di altre tensioni che potrebbe spingerci verso il collasso con seri effetti sociali. Ve 27 settembre 2010
USB Lavoro Privato V. Camporese, n.118 – 30173 Mestre-Venezia tel/fax 041/5312250