ENTI LOCALI VENETO: QUESTE SONO LE NOSTRE RIVENDICAZIONI!
PROVINCE
Da circa due anni il Governo ha messo in campo azioni per l’abolizione/riordino delle Province, iniziate con la proposta del Ministro Tremonti (Governo Berlusconi) e che si è concretizzata con il decreto Salva Italia del Governo Monti.
La riduzione della spesa era una delle ragioni della proposta di Riordino delle Province. Un taglio delle spesa non a favore di interventi sociali o di interesse pubblico, ma per pagare i debiti delle banche, mantenere le missioni di guerra e sostenere finanziariamente attraverso attività della cooperazione internazione la colonizzazione dei paesi in “via di sviluppo” o sotto occupazione.
Il riordino doveva essere una revisione degli ambiti territoriali con conseguente rivisitazione delle competenze amministrative e politiche. Nei fatti si è dimostrato un caos di proposte e controproposte. Nell’ultimo anno i lavoratori e gli utenti hanno fatto i conti con “variegate” proposte politiche: i primi (lavoratori) hanno lavorato nella totale disorganizzazione e incertezza per quanto riguarda le mansioni e i compiti assegnati; i secondi (cittadini), nel marasma del riordino delle Province, hanno visto tagliare le risorse finanziarie con conseguente rallentamento e diminuzione dell’erogazione dei servizi, soprattutto nel settore del sociale
Attualmente le Province hanno compiti di coordinamento, di indirizzo, di controllo e vigilanza sul territorio.
Con il riordino si chiede l’abolizione di 35 Province delle 86 attuali e il conferimento, alle rimanenti Province, di sole 4 materie:
1. pianificazione territoriale provinciale di coordinamento nonché tutela e valorizzazione dell’ambiente,;
2. pianificazione dei servizi di trasporto in ambito di area provinciale;
3. costruzione, classificazione e gestione delle strade;
4. programmazione provinciale della rete scolastica e gestione dell’edilizia scolastica relativa alle scuole secondarie di secondo grado .
Il riordino delle Province ha ricadute non solo sul piano della riorganizzazione servizi e competenze delegate, ma anche sul piano della partecipazione, infatti non ci sarà più l’elezione diretta del Presidente e dei Consiglieri e questi saranno scelti e nominati dai sindaci afferenti ai Comuni del territorio provinciale. Nel caso specifico le Province verrebbero governate da soggetti che non hanno avuto un mandato popolare, ma risultanti da mediazione ed accordi politici tra i Sindaci eletti, privi di un controllo democratico sulla programmazione territoriale e senza una condivisione di programmi. Vale la pena ricordare che iniziative volte ad eliminare la possibilità dei cittadini di esprimere attraverso il voto una scelta di rappresentanza significa l’arretramento della democrazia.
Come U.S.B. abbiamo partecipato alla creazione del Coordinamento Regionale delle RSU Province del Veneto, e abbiamo avuto il riconoscimento, come Sindacato, a partecipare al tavolo tecnico Regionale. Gli impegni assunti sono la salvaguardia dell’occupazione e garantire l’ erogazione di servizi di qualità.
IPAB
Nel Veneto sono 6 mila i turnisti delle Ipab ai quali per effetto del contratto nazionale non viene riconosciuto il pagamento, o il riposo compensativo del lavoro prestato nei giorni festivi infrasettimanali.
Con le indicazioni della Regione Veneto (assessore ai Servizi Sociali e del Presidente del Consiglio Regionale) dello scorso mese di dicembre, sembrava essere stato raggiunto un accordo ma ad oggi nulla è ancora definito e chiaro.
I lavoratori oggi corrono il rischio di dover restituire le somme ricevute per il lavoro prestato.
Ribadiamo che il lavoro infrasettimanale dei turnisti deve essere riconosciuto e quindi o monetizzato o dato il riposo compensativo, e questo è l’impegno del nostro Sindacato.
Le IPAB erogano servizi anche attraverso appalti ed è così che il servizio per il cittadino viene visto come un’opportunità per creare consenso politico tanto che le case di riposo le possiamo definire un tesoro del potere, una rete di intense relazioni sul territorio ad uso della politica attraverso le nomine dei direttori e le individuazioni delle consulenze tutte a fedelissimi. Poco interessa di sviluppare un servizio che risponda ai bisogni e si vanno a colpire le fasce più deboli della popolazione: gli anziani e i disabili.
Riteniamo sia necessario intervenire sulla riorganizzazione dei servizi delle IPAB operanti sul territorio, sia rispetto ai bisogni degli ospiti, delle famiglie, ma anche guardando a chi ci lavora, con particolare attenzione ai carichi di lavori e alle responsabilità derivanti.
L’intervento di USB unitamente a quello delle ns. R.S.U vuole essere propedeutico anche per il futuro riordino della normativa regionale in materia del sociale e quindi chiederemo di partecipare ai tavoli tecnici Regionali sulla materia.
Contemporaneamente porteremo avanti la proposta di mettere mano alla revisione del contratto nazionale delle IPAB in considerazione della tipologia di prestazione che i lavoratori danno e dei servizi che vengono erogati significando che afferire i lavoratori delle IPAB al contratto della Sanità vuole anche dire che i servizi assistenziali erogati e che oggi pesano economicamente sulle famiglie dovrebbero essere gratuiti.
COMUNI
Ancora una volta il debito pubblico viene scaricato sui cittadini e sui lavoratori.
I Comuni sono sempre in più in difficoltà nell’erogare servizi con tagli che si ripercuotono sui servizi sociali (assistenza agli anziani, assistenza domiciliare, sostegno ai minori con disagi etc) , sui contributi ai ceti deboli e a reddito “minimo vitale” (pensionati, precari). I beni immobiliari pubblici (case, scuole,) non hanno adeguata manutenzione e si è avviata la svendita dei beni pubblici.
Dall’altra parte l’aumento dei costi dei servizi pubblici: trasporti, rette delle mense nelle scuole, rette asili nido…
Un malumore diffuso da parte dei cittadini che spesso si rivolta contro i lavoratori; questi ultimi sono chiamati a lavorare in situazioni precarie dovendo anche sopperire alla carenza di personale.
Al disagio sociale, alla mancata assunzione di personale la politica risponde con l’esternalizzazione dei servizi , con i project financing con la conseguente perdita del controllo sulla qualità, trasparenza e imparzialità dei servizi erogati con naturale conseguenza di aumento di spesa per i cittadini.
USB P.I. deve uscire da questo congresso con precisi impegni:
1. rivendicare l’importanza delle professionalità dei lavoratori, che non venga dispersa, quale garanzia di erogazione di servizi di qualità;
2. garantire l’occupazione e la qualità del lavoro, mettendo la persona/il cittadino quale primo soggetto da tutelare;
3. intraprendere lotte condivise con i cittadini per la garanzia e la tutela dei beni e servizi pubblici;
4. rinnovo subito del Contratto Nazionale P.I.
Non ultimo: la campagna, generalizzata, denigratoria nei confronti dei dipendenti pubblici, fannulloni e incapaci, sta producendo effetti devastanti sui cittadini. Questi ultimi maturano insicurezza nelle Istituzioni e un disinteresse complessivo sulla gestione della cosa pubblica e dei sui servizi. Per questo dobbiamo essere fortemente impegnati nella denuncia delle politiche di svendita dei servizi e del patrimonio pubblico, rivendicando il controllo e la gestione pubblica dei beni comuni, ma in particolare sostenere il ruolo del dipendente pubblico in quanto lavoratore produttore di servizi.