Emergenza coronavirus. Garantire i salari!

Padova -

A fronte della crescita inesorabile del numero dei contagi da coronavirus, i criteri di prudenza hanno prevalso e il governo con il decreto del 1° marzo ha deciso, per la Lombardia, il Veneto e l'Emilia Romagna altri 8 giorni di chiusura delle scuole e delle università, oltre che di sospensione di ogni tipo di manifestazione.

All'articolo 4 del decreto si affronta la questione dei luoghi di lavoro decidendo che per tutta la durata dello stato di emergenza i datori di lavoro potranno applicare ad ogni rapporto di lavoro la modalità di "lavoro agile" (smart working), che in estrema sintesi consiste nello svolgere il proprio lavoro al di fuori dell'azienda, tramite connessione internet.

La prima considerazione da fare è che in questo modo la modalità di lavoro agile può essere decisa dal datore di lavoro senza trattativa tra la parti, anche se questa modalità significa maggiori costi per il lavoratore (riscaldamento, luce, alimentazione) e risparmi per il datore di lavoro.

La seconda considerazione è che con questo decreto il governo prende atto che nei luoghi di lavoro si verificano quelle situazioni di affollamento che facilitano il contagio, ma propone una soluzione solo per le mansioni che possono essere svolte all'esterno dell'azienda, mentre invece non dice nulla per tutte le altre, che poi sono quelle che riguardano la maggior parte dei lavoratori, esempio: dell'agricoltura, della manifattura, delle costruzioni, della logistica...

Tutti questi lavoratori vedono leso il proprio diritto alla salute e sono in balia delle decisioni prese dai diversi datori di lavoro.

In molti casi questo significa che si fa finta che il rischio contagio non esista, in altri casi vengono dati permessi non retribuiti, oppure ferie obbligatorie o ancora si invitano i lavoratori a chiedere un certificato di malattia. Questa modalità dei datori di lavoro deve essere respinta e contrastata. Sollecitiamo tutti i rappresentanti sindacali USB a fissare incontri con le rispettive aziende affinché non vengano sottratti giorni di ferie e malattia obbligati.

Ancora peggio è la situazione dei circa 27mila lavoratori/lavoratrici a chiamata presenti in Veneto. Con l'epidemia in corso non vengono chiamati e non vengono pagati. Anche per questi lavoratori/lavoratrici chiediamo ai delegati USB di sostenerli e affrontare il tema per la garanzia di un reddito in sede di confronto aziendale.

Il governo Conte parla di misure a sostegno dell'economia, ma non parla di difesa della salute dei lavoratori.

Devono essere prese tutte le misure necessarie perché i luoghi di lavoro non diventino luoghi di contagio e per garantire a tutti il diritto a lavorare senza rischi per la propria salute.

Nel frattempo devono essere garantiti salari e stipendi di tutti i lavoratori/lavoratrici. Anche quelli che a causa epidemia non possono lavorare.

L'economia da sostenere è quella della maggioranza della popolazione veneta che vive solo del proprio lavoro e che in questa situazione di emergenza sanitaria corre il rischio di essere ulteriormente impoverita.

Un ultima considerazione riguarda le modalità di reperimento dei fondi necessari.

Deve essere chiaro che questi fondi non possono essere rapinati ancora una volta dalle casse della previdenza sociale o attraverso il taglio dei servizi sociali.

I soldi devo essere presi da una parte dai profitti, dai grandi patrimoni, dal taglio delle spese militari, e dall'altra attraverso una rinegoziazione del fiscal compact con l'Unione Europea.

 

USB Confederale Veneto